Le guerre sono l'affare migliore.
Le bombe sono tedesche, ma le fabbricano in Sardegna, e da Genova raggiungono il Vicino Oriente. I fatturati sono a 9 zeri... E si tratta 'soltanto' di una 'piccola guerra': quella che l'Arabia Saudita conduce contro lo Yemen...
"Rheinmetall, JP Morgan Chase, Credit Suisse, The Hartford, Capital
Group e Dimensional non hanno voluto commentare le cose scoperte da Reported.ly. Reported.ly ha anche provato a contattare via mail e via telefono Burkan Munition Systems, senza mai ottenere una risposta."
SA - 27-06-2015
Reported.ly
è un sito di giornalismo che esiste dal dicembre 2014 ed è formato da
un gruppo di giornalisti che lavorano da diversi paesi (tra loro c’è
anche l’italiana Marina Petrillo, prima a Radio Popolare). Reported.ly segue e
racconta gli eventi che succedono nel mondo usando perlopiù i social
network: lo fa in maniera molto rapida e precisa, spesso raccogliendo e
spiegando notizie, foto e video che circolano online su un dato evento. Reported.ly realizza anche
delle inchieste giornalistiche: nella più recente, scritta dal
giornalista Malachy Browne, si è occupato della guerra che si sta
combattendo in Yemen e delle bombe che vengono usate dalla coalizione
guidata dall’Arabia Saudita per colpire i ribelli houthi. La guerra in Yemen
è iniziata qualche mese fa e vede contrapposti i ribelli houthi – che
tra le altre cose occupano la capitale del paese, Sana’a – a una
coalizione di nove stati guidata dall’Arabia Saudita. Nelle ultime
settimane la coalizione ha compiuto diversi attacchi aerei contro le postazioni dei ribelli houthi, causando centinaia di morti tra i civili. Reported.ly si
è occupato in particolare di alcuni componenti di armi prodotti in
Italia e usati per assemblare armi che hanno bombardato lo Yemen. Il Post ha tradotto l’inchiesta integrale di Reported.ly.
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Un’inchiesta esclusiva di Reported.ly
ha ricostruito e documentato la costruzione e la spedizione dei
componenti di alcune bombe prodotte da costruttori europei e
destinate agli Emirati Arabi Uniti, uno degli stati che fanno parte
della coalizione che sta bombardando lo Yemen. L’inchiesta ha scoperto
che le bombe costruite con questi componenti sono state usate in Yemen,
dove potrebbero anche essere stati compiuti attacchi contrari alle norme
del diritto internazionale. I componenti sono stati prodotti da
Rheinmetall AG, una società tedesca che ha avuto tra i suoi principali
azionisti alcune società finanziarie statunitensi – come per esempio il
fondo pensionistico dello stato di New York e altri fondi assicurativi e
d’investimento – e il fondo pensionistico sovrano della Norvegia.
Attraverso i loro investimenti in Rheinmetall, queste organizzazioni
stanno generando profitti.

Un gruppo di hacker che si fa chiamare “Yemen Cyber Army”
ha sottratto diversi documenti e comunicazioni diplomatiche che
provano la spedizione di componenti di bombe dal territorio della UE
alla penisola arabica. Lo Yemen Cyber Army ha poi mandato il materiale a
Reported.ly: i documenti mostrano come alcuni componenti siano
partiti dal porto di Genova e siano arrivati a Gedda, in Arabia
Saudita. Da lì sono stati trasferiti a Jebel Ali, a Dubai, e poi via
terra a un centro di produzione di armi di Abu Dhabi, la capitale degli
Emirati Arabi Uniti. I componenti delle bombe – che sono bombe di tipo
MK82 e MK84 – sono partiti da Genova perché sono realizzati in Sardegna
dalla RWM Italia S.p.a., una società sussidiaria della Rheinmetall.
I componenti sono poi assemblati dall’azienda Burkan Munitions Systems
per le forze armate degli Emirati Arabi Uniti.
Oltre alle spedizioni di parti necessarie a comporre le bombe MK82 E MK84, Reported.ly
ha anche confermato che dal 2012 al 2014 RWM Italia ha esportato un
altro tipo di bombe, le MK83, alcune delle quali possono essere
direttamente rintracciate in Yemen. Ole Solvang, un ricercatore della
ONG Human Rights Watch, ha fotografato questo specifico modello
di bomba in Yemen, con il marchio di RWM Italia. Le indicazioni GPS che
accompagnano le fotografie di Solvang mostrano che le bombe inesplose
hanno colpito in vari punti un complesso governativo di Sa’dah, una
roccaforte houthi nel nord dello Yemen. Reported.ly ha verificato in maniera indipendente la notizia, incrociando i dati a disposizione con quelli di un video di un bombardamento avvenuto nello stesso posto in aprile.
Tra i documenti in possesso di Reported.ly
c’è anche una lettera del 21 aprile 2015 spedita da Burkan Munitions,
l’azienda che ha assemblato le bombe per conto degli Emirati Arabi
Uniti. La lettera chiede all’esercito degli Emirati Arabi Uniti di
concedere un permesso di transito per una spedizione per maggio
attraverso il porto di Gedda, in Arabia Saudita. La lettera è stata
trasmessa dal quartiere generale dell’esercito all’ambasciata degli
Emirati Arabi Uniti di Riyad, in Arabia Saudita. L’ambasciata ha chiesto
“un permesso diplomatico per facilitare le procedure d’ingresso [al
porto di Gedda] per la nave Jolly Cobalt, noleggiata dalle forze armate
degli Emirati Arabi Uniti”. Il comunicato è stato contrassegnato come
“molto urgente” ed è stato spedito dal ministero degli Esteri
dell’Arabia Saudita a molti altri ministeri: e anche al re Salman, al
principe Abdullah e al ministro dei Trasporti, che ha anche la funzione
di presidente dell’autorità portuale dell’Arabia Saudita.
La nave in questione, la Jolly Cobalto, è il traghetto porta container più grande del mondo. I dati di MarineTraffic.com
e i documenti di spedizione del Gruppo Messina – la società italiana
che possiede la nave – dicono che è partita da Genova il 12 maggio ed è
arrivata a Dubai il 5 giugno. Le informazioni sul contenuto del carico
parlano di sei container da 12 metri con all’interno componenti delle
bombe MK82 e MK84 prodotte da RWM Italia. Il comunicato stampa dice che
il carico conteneva componenti per bombe, e non ordigni veri e propri.
Burkan promuove le sua serie di bombe MK80 – di cui fanno parte le MK
82, 83 e 84 – come “perfette per situazioni in cui è necessaria la
massima esplosione e deflagrazione”. Mark Hiznay, esperto di armi di Human Rights Watch, ha spiegato a Reported.ly
che la bomba MK83 da 450 chilogrammi trovata in Yemen è stata
realizzata “per causare danni, morti e lesioni grazie alla deflagrazione
e all’effetto di frammentazione”. Le bombe di questo tipo possono
essere usate a caduta libera o integrate da un pacchetto di guida che ne migliora la precisione. La bomba MK84 presentata nel documento di spedizione pesa circa 900 chilogrammi, a seconda delle specifiche tecniche (opzioni di spoletta e fin configuration).
“In Sa’dah abbiamo documentato diversi attacchi che crediamo siano
stati contro la legge”, ha detto Solvang: sono state colpiti quartieri
residenziali e mercati e “ci sono stati diverse decine di feriti”. “È
molto probabile [che la coalizione saudita] stia usando bombe di questo
tipo in aree in cui sono stati uccisi dei civili”, ha proseguito
Solvang, “ma non possiamo confermarlo”. Human Rights Watch ha anche documentato che in Yemen si è fatto uso illegale e letale di munizioni a grappolo.
Affari con le esportazioni
Reported.ly ha studiato i permessi per l’esportazione dal
valore di più di 100 milioni di euro che sono stati concessi a RWM
Italia dal 2012: i permessi riguardano l’esportazione di bombe MK82, 83
e 84 e di altre munizioni. Armi dal valore di diversi milioni di euro
sono state spedite in Australia e Arabia Saudita nel 2012. I documenti in possesso di Reported.ly
provano anche una fornitura d’armi per gli Emirati Arabi Uniti. Nel
2013 e nel 2014 l’Italia ha concesso licenze per l’esportazione di
grandi quantità di componenti per bombe MK83, alcune delle quali sono
state poi trovate da Human Rights Watch sul terreno in Yemen. Tra le
licenze c’è anche un contratto di 62 milioni di euro per 3.650 bombe.
Nelle licenze del 2013 e del 2014 la destinazione non è specificata.
Burkan Munitions System era di proprietà dell’azienda tedesca Rheinmetall fino a quando la stessa Rheinmetall l’ha venduta nel 2012. Nonostante la vendita, ha detto Pieter Wezeman – un ricercatore sugli armamenti per lo Stockholm International Peace Reasearch Institute (SIPRI)
– Burkan resta “dipendente dalla tecnologia europea” per assemblare le
bombe. “Per assemblare le bombe Burkan dipende molto dai componenti che
arrivano dall’estero”, ha spiegato Wezeman. “Sono assemblate negli
Emirati Arabi Uniti e lì sono anche riempite con l’esplosivo. Dove
prendano l’esplosivo non lo so, ma dubito che arrivi dagli Emirati Arabi
Uniti. Penso che siano fatti in Europa e che, in qualche modo, arrivino
negli Emirati Arabi Uniti.”

Affari leciti?
A parte la grande questione morale che riguarda la produzione di armi,
Wezeman dice che sembra che Burkan operi rispettando le regole
internazionali. Wezeman lo descrive come un “buon esempio di come gli
Emirati Arabi Uniti stiano implementando un organizzato sistema di
export e import di armamenti, rispettando gli standard internazionali.
Altrimenti c’è il rischio che le armi possano essere deviate verso sfere
illegali”.
Detto questo, la concessione di licenze da parte del governo italiano
solleva alcune importanti questioni. Gli stati membri dell’Unione
Europea sono legati da criteri specifici per la vendita all’estero di armamenti: lo ha spiegato Patrick Wilcken, ricercatore di Amnesty International:
In base al Trattato sul Mercato degli Armamenti e alla
“Common Position” dell’Unione Europea sull’export di armamenti, l’Italia
deve seguire una rigorosa valutazione del rischio caso-per-caso su ogni
proposta di trasferimento di armamenti per determinare se c’è il
sostanziale rischio che le armi possano essere usate da chi le riceve
per compiere o facilitare gravi violazioni delle leggi internazionali
sui diritti umani. Se c’è un rischio sostanziale l’Italia deve negare la
licenza per l’esportazione.
In collaborazione con Giorgio Beretta, un analista dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (OPAL) di Brescia, Reported.ly
ha controllato tutte le licenze per l’esportazione concesse a RWM
Italia dal governo italiano nel 2012, nel 2013 e nel 2014. Solamente nel
2012 l’Italia ha concesso una licenza per parti di bombe MK82 e MK84,
nell’ambito di un acquisto di 8,5 milioni di euro da parte dell’Arabia
Saudita. Ci si chiede se il carico con i componenti di MK82 e MK84
spedito nel maggio 2015 – per non parlare dei i resti di bombe MK83
trovati in Yemen in primavera – siano quindi stati esportati legalmente.
È possibile comunque che la licenza per l’esportazione del carico
spedito nel maggio del 2015 sia così recente da non essere ancora stata
pubblicata, o è possibile che le bombe siano state esportate all’interno
di un accordo militare bilaterale e non incluse tra le informazioni
rese disponibili al pubblico. Reported.ly è in attesa di una risposta dal ministero degli Esteri italiano.
La Rheinmetall
La sede di Rheinmetall AG
è in Germania, ma Rheinmetall controlla la società italiana che ha
creato i componenti delle bombe. Dopo dei moderati profitti nel 2013 e
nel 2014, Bloomberg prevede che la società tornerà nel 2015 a
un profitto di 130 milioni di euro, un aumento del 642 per cento.
Rheinmetall opera in due settori: la difesa e il settore
automobilistico. L’annuale rapporto del 2014 della società mostra 2,2
miliardi di euro di vendite legate alla difesa, circa la metà delle
vendite totali di quell’anno. Il settore della difesa ha rappresentato
nel 2014 il 71 per cento del volume di mercato di Rheinmetall. Secondo
le analisi di JP Morgan, Rheinmetall ha anche accumulato degli ordini da
evadere che valgono circa 6,5 miliardi di euro; questo farà aumentare
il prezzo delle sue azioni. Secondo i report di Rheinmetall e secondo i dati a disposizione di Bloomberg, l’enorme società finanziaria americana JP Morgan Chase è stata fino a poco tempo fa uno dei più grandi investitori di Rheinmetall.
I report dalla conferenza annuale di Rheinmetall che si è tenuta a
maggio erano meno favorevoli. Si è parlato soprattutto di una richiesta
di risarcimento di 120 milioni di euro fatta
da Rheinmetall al governo tedesco dopo aver perso un contratto con la
Russia a seguito dell’embargo imposto proprio alla Russia a causa delle
guerra in Ucraina. Gli attivisti contro gli armamenti hanno criticato
il fatto che la compagnia stia spostando la produzione in paesi come il
Sudafrica, l’Indonesia e l’Arabia Saudita, dove le attività di
Rheinmetall sono per loro sempre più difficili da controllare. Nel
dicembre 2014 Rheinmetall è stata multata per 37 milioni di euro per tangenti pagate da una sua società sussidiaria durante un accordo sugli armamenti in Grecia.
Oltre che con l’Arabia Saudita, Rheinmetall è collegata in modo
controverso anche al governo del Bahrein, dove i diritti civili sono
spesso in pericolo e dove le leggi internazionali spesso non rispettate.
Grazie a degli attivisti locali, a John Horne e al gruppo Bahrain Watch
si è potuto documentare un uso ripetuto
di bombole di gas lacrimogeni e granate stordenti senza contrassegni,
che sarebbero state prodotte da Rheinmetall Denel, una società
sussidiaria dell’azienda originale con sede in Sudafrica. Alcune prove
documentate da Storyful hanno mostrato che durante il conflitto
in Bahrain c’è stato un ripetuto e illegale uso di gas lacrimogeni da
parte delle forze di sicurezza del Bahrain. Rheinmetall ha detto al Deutsche Welle che non ha mai offerto né fornito rifornimenti di gas lacrimogeni al governo del Bahrain.
Stai guadagnando soldi grazie alla guerra in Yemen?
JP Morgan non è l’unica società ad aver finanziato Rheinmetall negli
ultimi anni. Allianz, Hartford, BlackRock, Dimensional Fund Advisors LP e
HSBC sono alcuni degli oltre 200 fondi d’investimento e istituzioni finanziarie che quest’anno
hanno investito in Rheinmetall. Questi investimenti diventano poi parte
di pacchetti di fondi e bond – tra cui fondi pensionistici – che sono
resi disponibili da questi istituti finanziari. Anche un fondo sovrano –
il fondo pensionistico norvegese
– ha investito in Rheinmetall: nel 2014 possedeva l’1,87 per cento
della società e il valore del loro investimento era pari a 27 milioni d
euro. Ha investito in Rheinmetall anche CollegeAmerica, che gestisce
fondi e assicurazioni negli Stati Uniti e ha asset per 45 miliardi di
euro. E così ha fatto anche il fondo pensionistico dello stato di New
York, a cui sono iscritte più di un milione di persone, tra cui anche
dipendenti del governo statale e locale.
Fino a poco fa JP Morgan era uno dei principali investitori di
Rheinmetall: nelle ultime settimane, però, ha notevolmente ridotto i
suoi investimenti, come ha spiegato un comunicato del 16 giugno. I
gruppi attivisti tedeschi stanno promuovendo una campagna per chiedere
anche ad altri investitori di fare lo stesso e per chiedere al governo
tedesco di ritirare le licenze concesse per le esportazioni verso
l’Arabia Saudita, il Qatar e l’Indonesia. Sono state organizzate
proteste e manifestazioni all’incontro annuale della società – a Dusseldorf, in Germania – e nella sua sede di Berlino.

Oltre i documenti
I documenti in possesso di Reported.ly sono stati ottenuti da un gruppo che si fa chiamare Yemen Cyber Army, che dice di aver violato
i server del ministero degli Esteri a maggio. Il gruppo sostiene i
ribelli houthi dello Yemen, contro cui combatte la coalizione saudita.
Il ministero ha confermato in un
comunicato stampa che lo scorso 22 maggio c’è stato un “limitato attacco
informatico”. Gli hackers hanno pubblicato alcuni documenti per provare
la loro azione e hanno detto che altri “documenti e email segrete”
saranno pubblicati gradualmente. Il gruppo ha detto di aver hackerato
anche i computer dei ministeri dell’Interno e della Difesa dell’Arabia
Saudita e che diffonderà altre informazioni nel “prossimo futuro”. Ha
spiegato così la sua azione: “In questo modo [l’Arabia Saudita] potrà
riuscire a capire cosa si prova quando le nostre donne e i nostri
innocenti bambini cercano rifugio piangendo e cercando i loro cari nel
buio”.
Wikileaks ha da poco pubblicato dei documenti sottratti al ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita: Reported.ly
ritiene che arrivino dallo Yemen Cyber Army. Non sembra per il momento
che i documenti relativi alle spedizioni analizzati in questo articolo
facciano parte dei documenti resi disponibili da Wikileaks. Lo Yemen
Cyber Army ha scritto il 28 maggio che i documenti sono stati passati a Wikileaks per “backup”, per assicurare che non andassero persi; Wikileaks non ha rivelato la fonte dei suoi documenti. Alcuni dei documenti visti da Reported.ly sono gli stessi pubblicati da Wikileaks, cosa che fa pensare che provengano dalla stessa fonte.
I commenti delle società interessate
Rheinmetall, JP Morgan Chase, Credit Suisse, The Hartford, Capital Group
e Dimensional non hanno voluto commentare le cose scoperte da Reported.ly. Reported.ly ha anche provato a contattare via mail e via telefono Burkan Munition Systems, senza mai ottenere una risposta.
Norges Bank, che rappresenta il fondo sovrano norvegese, ha detto: “l’investimento
responsabile è parte integrate nella gestione del nostro fondo”. In
base alle linee guida del Government Pension Fund Global, il fondo non
può investire in società che producono da sé, o attraverso società controllate, armi che violino dei principi umanitari fondamentali”. Norges Bank ha poi detto a Reported.ly
di rivolgersi alla sua commissione etica per domande relative alle
sospette violazioni di quelle linee guida. Allianz ha fornito una
dettagliata risposta, riportata in fondo all’articolo. BlackRock ha
detto che “i titoli sono gestiti in nome dei clienti e che la maggior
parte di loro hanno fondi di indice passivo le cui partecipazioni sono
determinate dall’index provider che fissa l’indice e riflettono i benchmark
che i clienti intendono tracciare”. Al New York State Comptroller’s
Office, l’ufficio che gestisce il fondo pensionistico nello stato di New
York, non hanno risposto alle domande di Reported.ly.
Conclusioni
Per molti potrebbe essere strano che bombe fatte da una società tedesca
siano spedite a forze armate in giro per il mondo: è così che funziona
il mercato internazionale degli armamenti. Quello che è particolarmente
interessante in questo caso è però la catena di distribuzione che porta
gli armamenti dall’Europa ai paesi in guerra. Soprattutto per chi vive
nell’Unione Europea, è importante capire l’entità del mercato europeo di
armi. Per il resto del mondo la notizia è rilevante perché molte
persone potrebbero aver investito in fondi o piani pensionistici che
hanno Rheinmetall nel loro portfolio, e potrebbero – senza volerlo e
saperlo – guadagnare dei soldi grazie al mercato degli armamenti.
Per quanto riguarda l’Italia ci sono importanti domande – ancora
senza risposta – sulle licenze per l’export concesse a RWM Italia. I
parlamentari italiani dovrebbero porre la questione in parlamento e
nelle sedi appropriate: noi, con l’aiuto di Giorgio Beretta, intendiamo
fare in modo che ciò avvenga.
Reported.ly continuerà a controllare Rheinmetall, il suo
impatto sulla guerra in Yemen e le società da cui riceve i soldi. Come
già scritto, Wikileaks ha pubblicato alcuni documenti ottenuti
dallo Yemen Cyber Army; intendiamo analizzarli per ottenere ulteriori
informazioni ed evidenziare nuovi aspetti della storia. Pubblicheremo
anche eventuali aggiornamenti sulle dichiarazioni delle compagnie che
investono in Rheinmetall
SA - 27-06-2015