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In memoria di una madre. E' passato esattamente un anno e un giorno da quando mamma ci ha lasciato. La vedo, ora, in una foto che la ritrae, già vicina ai 90, con gli occhi socchiusi per l'emozione e la mano destra poggiata sulla guancia, mentre ascolta la Callas che canta 'Un bel dì vedremo'. Madama Butterly era la sua opera preferita. Non perché fosse un'appassionata di lirica o una frequentatrice di teatri. Non ne ha avuto il tempo e il modo. Vi era legata per una straordinaria avventura vissuta da piccola. Poco meno che adolescente, nella Napoli dell'immediato dopoguerra, era ospite di parenti, e per l'esattezza della 'mitica' famiglia del colonnello Magi. Un pomeriggio si avventurò nella grande città partenopea, tenendosi per mano con la sua cuginetta. Arrivarono all'ingresso del San Carlo, si fecero coraggio, entrarono e chiesero se potevano visitare il teatro. Il signore addetto all'entrata le ascoltò sorridendo e rispose che non era possibile poiché era appena iniziata Madama Butterfly. Le due si guardarono incuriosite e, per ingenuità più che per malizia, domandarono: Ma si può vedere? Il signore che le ascoltava, molto gentilmente, rispose di no e quando le vide che si avviavano di corsa all'uscita sul punto di scoppiare in lacrime, le richiamò e disse loro di aspettare un attimo. Aveva capito, diceva mamma, che eravamo due piccole contadine venute da chi sa dove. Tornò dopo un minuto: "Ho parlato col direttore, vi porto su, in un palco vuoto, ma non dovete dire una parola, non dovete muovervi e non dovete farvi vedere". Applicarono alla lettera le disposizioni ricevute. Fu così che le 'piccole contadine' arrivate per caso nella Napoli di fine anni '40 (quando la musica si ascoltava raccolti intorno a ingombranti scatoloni di legno lucido, tra scariche e fruscii), furono immerse nella magia del grande teatro e nel dramma musicale di una affascinante e sfortunata signora giapponese. Angkor - 29/01/2016.
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